Molti anni fa, quando ero un giovanissimo cronista, rimasi colpito dalla frase di un anziano redattore di quello che sarebbe diventato il mio giornale, L’Arena di Verona.
Disse un giorno il giornalista, capelli grigi e camicia trattenuta da due bretelle sui pantaloni di fustagno verde bottiglia: “Se qualcosa che è successa non la scriviamo noi, stai sicuro, giovanotto, che non è mai accaduta”.
Rimasi affascinato da quell’uscita, fatta sbuffando la sigaretta Marlboro, rigorosamente di contrabbando.
Molto tempo dopo, avrei incontrato l’interazionismo simbolico. Ovvero, quell’approccio filosofico per cui la realtà sociale non è data. La realtà viene, invece, costruita e ricostruita di continuo, attraverso l’uso di simboli e linguaggi.
Noi giornalisti – ho scoperto con il tempo – di costruzioni e ricostruzioni senza fondamento, di cose che non esistono, ne facciamo e rifacciamo ogni giorno.
Come canta Roberto Vecchioni, in Per amore mio, “Ma più bello di averti è quando ti disegno / Niente ha più realtà del sogno”.
La realtà costruita e quella che non c’è
Nel 2017, d’estate, a Genova intervistai un signore che si era occupato delle intercettazioni telefoniche al tempo del caso di Milena Sutter, la vicenda giudiziaria di cui mi occupo da molti anni.
Nel contestargli l’orario di un’intercettazione telefonica che smentiva la ricostruzione giudiziaria, dissi all’ex sbirro: “Concorda sul fatto che le cose sono andate diversamente? E che quindi i documenti giudiziari mentono sul punto?”.
Al che, il signore mi rispose: “Corte, ha ragione. Le cose accaddero come lei le ha descritte. Tuttavia sono andate diversamente”.
Strabuzzai gli occhi con fare interrogativo. E gli dissi: “Mi faccia capire. Ho ragione io, perché di fatto tutto è accaduto in maniera contraria rispetto a quanto dicono i documenti del tribunale. Tuttavia lei dice che ha ragione il tribunale”.
La sua risposta mi gelò il sangue, anche se eravamo d’estate, in una Genova silenziosa e accarezzata dalla brezza marina: “Le cose sono andate come dice lei. Ma la verità è quella decisa dal maresciallo che si occupava delle intercettazioni. Se lui ha detto che è accaduta una certa cosa, e l’ha scritta su un documento giudiziario, è quella certa cosa che è successa”.
Mi pare evidente il possibile parallelo con chi crede alle realtà inventate che smentiscono la realtà vera. E la sostituiscono.
Il 54° secondo. E la ristrutturazione del pensiero
Siamo arrivati al 54° secondo. Dopo i 53 secondi delle illusioni, che abbiamo assaporato credendo alla vittoria, è il momento della verità.
E la verità è assai spesso amara.
Non abbiamo vinto. La donna amata non ci fila neppure di striscio; oppure ha qualcun altro in mente e nel cuore.
L’uomo tanto desiderato si è dedicato a differenti e amene compagnie.
Il lavoro che sognavamo di fare è sfumato come nebbia al mattino.
La sconfitta è netta. Su tutta la linea.
La prima reazione è quella della fuga dalla realtà, come abbiamo visto.
Come si fugge dalla realtà? Con il provare a far finta che nulla sia accaduto. Che i 53 secondi non siano passati. Che debba ancora accadere quello che ci è davanti agli occhi.
La fuga dal fare i conti con il reale ci consente di illuderci ancora: l’arbitro non ha fischiato la fine dei giochi. Il verdetto deve ancora arrivare e sarà positivo, ci raccontiamo.
Non è così. La verità sostanziale dei fatti è lì davanti a noi.
E allora, che si fa?
La realtà inventata al posto di quella reale
Se la verità del reale non ci piace, abbiamo una strada comunque davanti a noi. Anzi, è un’autostrada a sei corsie per senso di marcia.
Il reale è creato dalla nostra mente, giusto? La realtà è frutto dello scambio di significati tra le persone, d’accordo? Lo dicono i filosofi, mica il gelataio all’angolo.
Basta allora ristrutturare il pensiero. Basta inventarci una nostra realtà. Basta costruire la verità che troviamo più coerente con i 53 secondi delle illusioni.
E così… il 54° secondo non sarà come lo si temeva. Sarà, invece, stupendo.
La donna che amiamo non ci ha davvero detto che lei ama un altro che ama lei che ama lui.
L’uomo a cui pensiamo non è uscito con l’altra perché ha scelto lei. Mentre tu rimani al palo.
“Tutto questo non va bene. Non è giusto pensarlo”, ci diciamo al 54° secondo. “Noi siamo diversi. Lei è diversa. Lui è diverso. La realtà è diversa da quanto ci è stato rivelato. Non voglio dire che un qualche potere ci condiziona a vedere cose sgradevoli. Però… vediamo male”.
E così nasce – grazie alla ristrutturazione del pensiero – una nuova realtà. Il secondo numero 54 è meno amaro da ingoiare. Ha anzi un suo fascino.
“Sono un uomo o una donna migliore di quanto c’è in giro”, ti viene da dire in quei momenti. “Io, del resto, gioco in un altro campionato. E in quel campionato, vinco io”.
Le illusioni durano 53 secondi. Il 54° secondo è il tempo della rivelazione. È il momento del verdetto finale.
Se il verdetto non è quella vittoria che ci spetta. Se la fuga è un mezzo che abbiamo già sfruttato. Se tutto non torna… non resta che cambiare la nostra mente. E riusciamo in qualche modo a vincere.
Tuttavia, una voce inquietante – dentro di noi, come un grillo parlante – ci sussurra che stiamo barando.
Non c’è dubbio. Stiamo truccando le carte e falsificando il tempo.
Che si fa? Una via d’uscita di sicuro ci deve essere.
Sin da bambino mi sono messo a filosofeggiare sul fatto che “non c’è problema senza soluzione, se la soluzione non c’è allora è un falso problema”.
Noi, qui, al 54° minuto una soluzione la dobbiamo trovare, se neppure il ristrutturare il pensiero funziona.
Quella nuova soluzione la dobbiamo trovare in fretta. E in fretta la troviamo, alla fine: scopriamo infatti che c’è un’altra illusione, laterale, su cui puntare.
Non è andata bene la ristrutturazione del pensiero. Ci siamo accorti che la realtà inventata è una pia invenzione. Ecco, allora, il colpo di scena.
Cambiamo cavallo. Selliamo il nuovo stallone. E via nella notte, veloci come il vento sulla collina. Il cronometro riparte: abbiamo altri 53 secondi di un’altra illusione da vivere, prima di assaporare la vittoria.
Maurizio F. Corte
(parte 3 – continua)
*** Gli articoli sul “ciclo delle Illusioni” li trovi nella sezione Pratico di Nessuno™ di questo blog
- Maurizio F. Corte, giornalista professionista, scrittore per i media e media educator, è docente a contratto di Comunicazione Interculturale nei Media al Centro Studi Interculturali dell’Università di Verona e coordinatore didattico del Master in Intercultural Competence and Management
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