Illusioni cadute. Perché squalifichiamo la vittoria inattesa

Ci accadono cose – fatti, incontri, situazioni – che sembrano ineluttabili.

Altre situazioni, specie le vittorie impossibili, ci possono invece suonare come friabili, provvisorie, pronte a sfumare nel niente.

Prendiamo le elezioni politiche e una vittoria di un certo partito. Mi riferisco a un partito serio, che lavora per la giustizia sociale, che ha a cuore gli interessi della Patria ma in sintonia con le altre patrie.

Mi riferisco a una formazione politica che si batte contro la corruzione e le mafie; che valorizza i giovani; che riforma il fisco e fa pagare meno e pagare tutti.

Penso a una formazione politica che ha cuore l’ambiente, che lavora per il bene delle periferie, che gestisce l’immigrazione con senso pratico e valore interculturale.

Penso a una formazione politica che libera risorse per le imprese, che investe nell’edilizia economico-popolare. E che fa pagare ai ricchi le giuste imposte; che rende le carceri un luogo vivibile e salubre; che fa una lotta totale alla criminalità e allo spaccio della droga.

È chiaro che un partito così durerebbe, forse, lo spazio di un mattino. Troppi i poteri messi in scacco; troppi gli interessi compromessi; troppi gli affaristi lasciati nell’angolo.

Poniamo che una sera quel partito vinca. Il sapore di quella vittoria – al 54° secondo, quando i 53 secondi delle illusioni si sono consumati – avrebbe un gusto amaro.

Sapremmo bene che di lì a poco – anche per errori dello stesso partito vincitore – tutto starebbe crollando.

Quando capii che tutto sarebbe durato poco

La mia prima ragazza – io 16 anni e lei 14 – si chiamava Laura. Lavorava come operaia in un’azienda alimentare veronese. Io frequentavo la terza liceo scientifico.

Il primo bacio – con Lucio Battisti che cantava Questo inferno rosa – ci portò nell’iperuranio, là dove le idee vivono in attesa di coniugarsi con la materia. E con il corpo.

Le uscite in pizzeria, la sera della domenica, allora mi erano impossibili.

Era l’inverno del 1973, quello dell’austerità. Non si poteva girare in moto; neppure in auto. E io abitavo a una dozzina di chilometri dalla città. E da Laura. 

La sera che riuscimmo a incontrarci per una pizza – un sabato – fu grazie all’aiuto di una coppia di zii

Mi pareva di toccare il cielo con un dito. Laura era splendida, con i capelli biondi sulle spalle, gli occhi castani e un sorriso che aveva una lieve sfumatura d’ironia.

Ricordo che, a fine serata, mentre la accompagnavamo a casa, mi tornarono in mente i versi di Paolo Conte e della sua canzone Wanda:

Io sto a guardar la tua felicltà, mi chiedo quanto durerà
Io so che ogni amore è sempre stato un breve sogno
e niente più,
niente più
Però la vita è un’altra cosa, eh si, esempio abbandonarsi un pò così
Sentirmi il sole in faccia e non vederti,
ma capir dalla tua mano che sei qui.

Non arrivò l’estate che Laura prese un’altra direzione. E io pensai di dedicarmi allo studio, in attesa di trovare un amore importante, non qualcuno tanto per fare.

Insomma, la vittoria fragile di un amore, di un lavoro, di un successo tanto sognato mi pare assomigliare all’altra faccia dell’allegria di naufragi.

Sai che non durerà. E se non sei avanti abbastanza negli anni – e saggio – non realizzi che quel momento va vissuto, assaporato, interiorizzato perché poi ci sarà la vita quotidiana a smentirlo.

La vittoria squalificata

Una forma di difesa dalla delusione per una vittoria splendida – e che poi si scioglie come neve al sole – è quella di squalificarla.

Laura mi ama? Sto vincendo? Cosa vuoi che sia: è una vittoria di Pirro e durerà lo spazio breve di un brevissimo tratto della mia vita.

Ho raggiunto la professione che sognavo? Dopo tanta vita nelle retrovie mi trovo sulla linea del traguardo, con la maglia rosa sulle spalle? Niente illusioni. Passata la notte, domani perderò la tappa e la maglia rosa.

La vittoria squalificata è una vittoria che riusciamo ad assaporare solo se la trattiamo come una mezza sconfitta. O, meglio, come una vittoria a metà.

Ecco, allora, che l’incontro che ha dato una svolta alla nostra vita – dopo la delusione del 54° secondo, dopo la rabbia, dopo la ristrutturazione dei pensieri, dopo l’amarezza – riusciamo ad assaporarlo un poco meglio.

Sappiamo che la vittoria magica del nostro incontro finirà. Sappiamo che il primo posto in classifica della nostra impresa si frantumerà come vetri nella notte. Sappiamo che l’affermazione del nostro partito lo farà inciampare su se stesso. E ci prepariamo a celebrarne l’addio.

I 53 secondi delle illusioni sono finiti. Il 54° secondo ci ha donato un incontro inatteso, una vittoria insperata oppure un traguardo che pareva impossibile da raggiungere.

Ci siamo protetti, cautelati, difesi, squalificando la vittoria. “Tanto, non durerà. E poi non è neanche una grande vittoria. E comunque, anche se meravigliosa, è una vittoria che sfumerà come ogni cosa della vita”, sono le frasi che ci girano in testa.

L’utilità del vivere non è nella durata, ma nell’uso: qualcuno ha vissuto a lungo, pur avendo vissuto poco; badateci finché ci siete. Dipende dalla vostra volontà, non dal numero degli anni, l’aver vissuto abbastanza“.
Michel de Montaigne, Saggi (Livre III, Chapitre XIII – Dell’esperienza).

Mi piacerebbe avere la saggezza del filosofo francese Montaigne.

Al 54° secondo, quando alle delusioni si sostuisce la vittoria di un incontro inatteso, tante volte mi sono impegnato a sminuire la vittoria. A squalificarla. A rimpicciolirla, facendola sembrare altro.

Perché? mi sono chiesto più volte. Forse perché la sconfitta possiamo controllarla: è tutta nelle nostre mani. La vittoria, invece, è come l’Assoluto: ci sfugge nella sua totalità.

Ecco, allora, che nella mente un pensiero sottile si presenta, sotto forma di domanda: “E se al posto di una vittoria da brividi, che ci procura un capogiro, avessimo un pareggio a reti inviolate?”.

Il pareggio a reti inviolate, al 54° secondo. Non male, come via d’uscita. Forse è questa la strada adatta per uscire delle illusioni senza farci male.

Maurizio F. Corte
(Parte 13 – continua)

*** Gli articoli sul “ciclo delle Illusioni” li trovi nella sezione Pratico di Nessuno™ di questo blog

F. Guccini – Canzone delle ragazze che se ne vanno

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