Illusioni cadute. Quello stupore che viene da lontano

Con la Filosofia, il mio è stato amore a prima vista. È stato un colpo di fulmine. Un dardo nell’anima.

Guido Guinizelli, poeta del Dolce Stil Novo, che adoro, così riesce a rendere la sorpresa del mio incontro con i filosofi più antichi. Eraclito in testa.

Essere sorpresi dalla luce della donna amata, infatti, è identico all’essere sorpresi dalla sapienza. Dalla conoscenza. Dalla verità.

Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo
che fate quando v’encontro, m’ancide:
Amor m’assale e già non ha reguardo
s’elli face peccato over merzede,

ché per mezzo lo cor me lanciò un dardo
che d’oltre ‘n parte lo taglia e divide;
parlar non posso, ché ‘n pene io ardo
sì come quelli che sua morte vede.

Tradotto nell’italiano dei nostri giorni, ecco cosa ci dice Guinizelli:
“Il vostro bel saluto e lo sguardo nobile,
che mi rivolgete quando vi incontro, mi uccidono:
Amore mi assale e non si preoccupa affatto
se ciò costituisca una colpa o un atto di pietà,

poiché mi ha scagliato una freccia
proprio in mezzo al cuore,
che lo taglia e lo divide da parte a parte;
non riesco a parlare, perché brucio nel dolore
proprio come colui che vede
la [propria] morte davanti agli occhi”.

Ebbi sorpresa. Ebbi emozione. Ebbi uno sconvolgimento dell’anima. Così fu il mio incontro con le prime pagine del testo di liceo (il “Mathieu”) di Storia della Filosofia.

Cos’è che mi sconvolgeva? Era la sorpresa di vedere come, oltre duemila anni prima di me, antichi pensatori si interrogavano e rimanevano stupiti di fronte alla natura. 

Restavano attoniti, sbigottiti, affascinati e timorosi nello scoprire la verità. Quella verità che, prima di loro, i poeti avevano cantato, senza però avere coscienza della dinamite che vi era tra le loro mani.

La sorpresa dopo il deserto

Le illusioni durano 53 secondi. E in quel lasso di tempo – che sembra breve ma talvolta ci pare durare un’eternità – stiamo vincendo.

Nel tempo delle illusioni, la donna che amiamo nel profondo ci corrisponde; e con lei dialoghiamo d’amore, di sentimenti e di quanto sia stupendo parlarsi. E di quanto sia divino il comprendersi, oltre il pregiudizio e la paura.

Nel tempo delle illusioni – 53 secondi che paiono durare all’infinito – quel certo produttore ha scelto il nostro soggetto di serie. Ci scrive che vuole incontrarci per firmare un contratto. E ci esorta a metterci al lavoro, per cominciare la sceneggiatura.

Poi, passati i 53 secondi della battaglia vittoriosa, arriva il secondo numero 54. E qui, all’apparire della verità, l’illusione prima ondeggia. Poi barcolla. Alla fine, crolla.

La donna amata non ama noi. Anzi, peggio.

Ci ama, ma a modo suo, senza esprimersi, senza svelarsi, senza farsi comprendere. E senza neppure preoccuparsi di comprendere noi.

La casa di produzione ci ignora, addirittura.

Troppi rischi legali. Ci sono progetti più quieti e di certo più profittevoli; e meno incasinati del nostro.

Poi, chi siamo noi? Siamo davvero quei giornalisti investigativi che vogliono riscrivere una storia criminale che fa comodo a (quasi) tutti?

Al 54° secondo, ecco la rabbia, la ristrutturazione del pensiero, la vittoria a tavolino, il deserto, la disperazione. E tutte quelle reazioni, quegli stati d’animo che ci presenta il ciclo delle illusioni.

Il crollo delle illusioni ci porta a scivolare nel vuoto del dolore. Ci costringe a camminare nel deserto – con la bocca inaridita – fatto di sabbia fine e amaro vivere.

È lungo, il cammino nel deserto. Il respiro si fa affannoso. L’aria è bollente. I nostri occhi sono puntati a terra, per non vedere quanto ancora ci tocca camminare.

Arriviamo al punto di non aver neppure voglia di sperare.

Lo sbigottimento inatteso

È invece nel mezzo del deserto che un riflesso ci illumina.

La sorpresa ci coglie mentre siamo assorti nei nostri pensieri. La disillusione si trasforma, tutto d’un colpo, in quieto stupore.

C’è un qualcosa di sospeso nell’essere sorpresi. Ci chiediamo: ma sta accadendo per davvero?

Lo sbigottimento ci dice che sì, la realtà si sta imponendo in un modo che non pensavamo.

Una telefonata inattesa. Una lettera insperata. Un messaggio spiazzante. La donna che amiamo (oppure l’uomo a cui teniamo) ci coglie impreparati. E ci apparecchia lunghi secondi di quieta felicità.

La casa di produzione ci coglie attraverso la voce calda di una segretaria. Il nostro progetto piace. Possiamo parlarne. Ci sono alcuni dettagli che hanno affascinato il produttore.

Entriamo in una fase esistenziale – nel fisico e nello spirito – che tutto stravolge. Tuttavia è uno stravolgimento quieto, che ci coccola l’anima.

Sentiamo, allora, un suono di chitarra alle spalle. Avvertiamo un battere lento, su bongos allenati dal tempo, che via via si fa più ritmato e insistente.

Non resta che lasciare il cammino del deserto. E voltarci. 

La band di Compay Segundo, al completo, sta suonando per noi. 

Il messaggio è chiaro. La sorpresa che non potevamo immaginare, lo stupore dei giorni migliori, lo sbigottimento di una realtà mai conosciuta sono lì, davanti a noi.

Lo sbigottimento non presenta dubbi, né ambivalenze, né occhiate mendaci. È lì a indicarci che stiamo iniziando il nostro viaggio nel mare dei Caraibi.

Maurizio F. Corte
(Parte 19 – continua)

*** Gli articoli sul “ciclo delle Illusioni” li trovi nella sezione Pratico di Nessuno™ di questo blog

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